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vide estinguersi l’ultima scintilla che percorse le nere ceneri rimaste. Allora si gettò sul letto con la speranza di poter ristorare le spossate membra con un sonno profondo; ma non gli fu possibile di dormire. La luce malinconica delle torbe, che continuavano ad ardere nel caminetto, lo metteva in agitazione ad ogni istante, colorando di una tinta rossastra tutti i vecchi mobili della camera. Il vento soffiava forte, ed ogni volta che l’usciale della sua camera scricchiolava, immaginava di dover sentire la chiave girare nella serratura ed un piede posarsi sul pavimento. Ad un tratto, ossia che fosse in sogno o in realtà (Melmoth non potè averne mai la certezza), credette di vedere a quella porta medesima l’aspetto del suo antenato. Esso era esitante come la notte della morte di suo zio. Gli si avvicinò dopo un poco e gli disse all’orecchio. Voi mi avete dunque bruciato? Ma io posso a tali fiamme sopravvivere: esisto ed eccomi al vostro fianco. Melmoth trasalisce per lo spavento, balza giù precipitoso dal