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dei biscotti inglesi con una confettura di uva spina, acidula e fresca. Sulla porta, mentre si mettevano in vettura, per ripartire, una ragazzotta svizzera, molto bionda, dalle guancie rosse, aveva loro offerto dei mazzolini di ciclamini. Li portavano all’occhiello, già un poco appassiti.

— Restate molto, quassù, Vittorio? - chiese Lucio Sabini, con tono discreto.

— Da tre a quattro settimane, non più. E voi, Lucio?

— Non so... altrettanto, credo... non so, precisamente - e un lieve sorriso, ove vi era del dubbio, della noia, e dell’amarezza, apparve e sparve dalle sue labbra.

Anche il viso del suo compagno di viaggio si era fatto pensoso. Don Vittorio Lante era un biondo dai folti e lucidi capelli castanei, dagli occhi castani, ora dolci e ora fieri, sempre espressivi, dai sottili mustacchi arcuati di un biondo caldo, dai lineamenti fini molto più giovanili della sua età di trent’annl, dalla carnagione delicata e pur vivace: mentre Lucio Sabini, trentacinquenne, era un bruno schietto, occhi neri, calmi e pieni di pensiero, carnagione pallida, capelli nerissimi, mustacchi neri, persona alta e magra; don Vittorio Lante era di una statura media, ma ben fatto, agile e svelto. Ambedue tacevano, pensando. Non fumavano più. Un tempo passò. E, a un tratto, qualche cosa, in alto, in alto, fra le crescenti penombre, biancheggiò,