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Il domestico andò a vestirsi, e poi tornò a rassettare la camera. Tirò le cortine del letto, spalancò le vetrate, e s’affacciò a prendere una boccata d’aria, fumando.

Lo stalliere che faceva passeggiare un cavallo malato, alzò il capo verso la finestra.

— Mattinata, eh, don Leopoldo?

— E nottata pure! — rispose il cameriere sbadigliando. — M’è toccato a me questo regalo!

L’altro scosse il capo, come a chiedere che c’era di nuovo, e don Leopoldo fece segno che il vecchio se n’era andato, grazie a Dio.

— Ah... così.... alla chetichella?... — osservò il portinaio che strascicava la scopa e le ciabatte per l’androne.

Degli altri domestici s’erano affacciati intanto, e vollero andare a vedere. Di lì a un po’ la camera del morto si riempì di gente in manica di camicia e colla pipa in bocca. La guardarobiera vedendo tutti quegli uomini alla finestra dirimpetto venne anche lei a far capolino nella stanza accanto.

— Quanto onore, donna Carmelina! Entrate pure; non vi mangiamo mica.... E neanche lui.... non vi mette più le mani addosso di sicuro....

— Zitto, scomunicato!... No, ho paura, poveretto.... Ha cessato di penare.

— Ed io pure, — soggiunse don Leopoldo.