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stri.... Sentiremo poi cosa è venuto a dirvi quello sciocco!

La serva aveva portato un lumicino nel salotto, e in quella semioscurità don Ninì sembrava addirittura enorme, infagottato nel cappotto, con la sciarpa di lana sino alle orecchie una zazzera sulla nuca che non tagliava sino a maggio. Donna Giuseppina invece s’era aggobbita, aveva il viso floscio e grinzoso nel cappuccio rotondo, i capelli di un grigio sudicio mal pettinati, lisciati in fretta con le mani e fermati dal fazzoletto di seta che portava legato sotto il mento, le mani corrose e nere, delle mani di buona massaia con le quali gesticolava per difendere gli interessi del marito, agitandosi nel cappottino seminato di pillacchere, che la copriva tutta quanta, mostrando in tutta la persona l’incuria e la trascuraggine della signora ricca che non ha bisogno di parere, della moglie che ha cessato di far figliuoli e non deve neppure piacere al marito. E sulla bocca sdentata teneva fisso un sorriso di povera, il sorriso umile di chi viene a sollecitare un favore, mentre don Ninì cercava le parole, girando il cappellaccio fra le mani, con quella sciarpa sino al naso che gli dava un aspetto minaccioso. La moglie gli fece animo con un’occhiata, e cominciò lei:

— Abbiamo sentito che la cugina sta male... Siam corsi subito con Ninì... Infine siamo parenti... dello