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gli avvocati, i procuratori — un sacco di spese, tanti bocconi amari, tanta perdita di tempo, tanti altri affari che ne andavano di mezzo, i suoi nemici che c’ingrassavano — nei caffè e nelle spezierie non si parlava d’altro — tutti addosso a lui perch’era ricco, e pigliando le difese dei suoi parenti che non avevano nulla! Il notaro Neri gli faceva anche l’avvocato contrario, gratis et amore, per le questioni vecchie e nuove che erano state fra di loro. Speranza l’aspettava sulle scale del pretorio per vomitargli addosso degli improperii, aizzandogli contro i figliuoli grandi e grossi inutilmente, aizzandogli contro Santo che non aveva faccia veramente di pigliarsela con don Gesualdo e cercava di sfuggirlo. — Siete tutti quanti dei capponi! tale e quale mio marito!... Io sola dovrei portare i calzoni qui! Non mi tengo se non lo mando in galera, quel ladro! Venderò la camicia che ho indosso. Voglio il fatto mio, il sangue di mio padre.... — Fu peggio ancora la prima volta che il giudice le diede causa persa: — Signori miei, guardate un po’!... Tutto si compra coi denari al giorno d’oggi!... Ma ricorrerò sino a Palermo, sino al re, se c’è giustizia a questo mondo!... — Il barone Zacco, siccome allora aveva in testa di combinare certo negozio con don Gesualdo, s’intromise a farla da paciere. Una domenica riunì in casa sua tutti i Motta, compreso il marito di comare Speranza ch’era una bestia, e