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— Come restiamo intesi? Perchè? Di che cosa?

— Per discorrere dei nostri interessi, eh? Per dividerci l’eredità che ha lasciato quella buon’anima, tanto paradiso! Siamo tre figliuoli.... Ciascuno la sua parte.... secondo vi dice la coscienza.... Voi siete il maggiore, voi fate le parti.... e ciascuno di noi piglia la sua.... Però se ci avete il testamento.... Non dico.... Allora tiratelo fuori, e si vedrà.

Don Gesualdo, che era don Gesualdo, rimase a bocca aperta a quel discorso. Stupefatto, cercava le parole, balbettava:

— L’eredità?... Il testamento?... La parte di che cosa?...

Allora Speranza infuriò. — Come? Di questo si parlava. Non erano tutti figli dello stesso padre? E il capo della casa chi era stato? Sinora aveva avuto le mani in pasta don Gesualdo, vendere, comprare.... Ora, ciascuno doveva avere la sua parte. Tutto quel ben di Dio, quelle belle terre, la Canziria, la Salonia stessa dove avevano i piedi, erano forse piovuti dal cielo? — Burgio, più calmo, metteva buone parole; diceva che non era quello il momento, col morto ancora caldo. Tappava la bocca alla moglie; cacciava indietro il cognato Santo, il quale aveva aperto tanto d’orecchi e vociava: — No, no, lasciatela dire! — Infine volle che si abbracciassero, lì, nella stanza dove erano rimasti poveri orfanelli. Don Gesualdo