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propri. Allorchè incontrava il cavalier Peperito gli faceva un certo visetto malizioso che la ringiovaniva di vent’anni, dei sorrisi che volevano indovinare molte cose, scrollando il capo, offrendosi graziosamente ad ascoltare le confidenze e gli sfoghi gelosi, minacciando il cavaliere col ventaglio, come a dirgli ch’era stato un gran discolaccio lui, e se si lasciava adesso portar via l’amante era segno che ci dovevano essere state le sue buone ragioni... prima o poi...

— No! — ribatteva Peperito fuori della grazia di Dio. — Nè prima nè poi! Questo potete andare a dirglielo a donna Giuseppina! Se non ho potuto comandare da padrone non voglio servire nemmeno da comodino, capite?... fare il gallo di razza... capite? Su di ciò donna Giuseppina potrà mettersi il cuore in pace!

Adesso sciorinava in piazza tutte le porcherie dell’Alòsi, che se vi mandava a regalare per miracolo un paniere d’uva voleva restituito il paniere; e vendeva sottomano le calze che faceva, delle calze da serva grosse un dito, — essa gliele aveva fatte anche vedere sulla forma per stuzzicarlo... per strappargli ciò che faceva comodo a lei... Ma lui, no!...

Insomma, andava raccontandone di cotte e di crude. Corsero anche delle sante legnate al Caffè dei Nobili. Ciolla gli stava alle calcagna per raccogliere i pettegolezzi e portarli in giro alla sua volta. Un giorno