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dall’altra stanza; supino, cogli occhi aperti e spenti, le narici filigginose: un viso che non si riconosceva più. Come don Ferdinando lo chiamò prima pian piano, e tornò a chiamarlo e a scuoterlo inutilmente, gli si rizzarono quei pochi capelli in capo, e si rivolse al sagrestano, smarrito, supplichevole:

— Che fa ora?... che fa?...

— Che fa?... Lo vedete che fa!... Grazia! Grazia!

— No!... Fermatevi!... Non aprite adesso!...

Era giorno chiaro. Donna Bellonia in sottana stava a spiare dalla terrazza verso la Piazza Grande per incarico del marito, spaventata dal tramestìo che s’era udito tutta la notte nel paese; e Burgio strigliava la mula legata al portone dei Trao. Alle grida di don Luca, levò il capo verso il balcone, e domandò cosa c’era con un cenno del capo. Il sagrestano rispose anche lui con un gesto della mano, facendo segno di uno che se ne va.

— Chi? — domandò la Margarone che se ne accorse. — Chi? don Diego o don Ferdinando?

— Sissignora, don Diego! Lo lasciano sulle spalle a me solo!... Corro dal dottore... almeno per la ricetta del viatico, che diavolo!... Signori miei! deve andarsene così un cristiano, senza medico nè speziale?...

Speranza cominciò dallo sgridare suo marito che aveva legata la mula alla casa del moribondo: —