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Tralasciamo di descrivere quelle ineffabili commozioni onde trasaliva il cuor di lei ad ogni girar di pupilla quella gioia sovrumana che accompagnava i suoi primi sguardi. — Beatrice piangea, ridea, si alzava involontariamente, stendea la mano verso di ogni obbietto, arrossava, impallidiva.

Dapprima ella non potea soffrire che una fioca luce, e tutti gli oggetti le sembravano grossi, ma a seconda che altri più grossi ne vedea, i primi si rimpicciolivano e prendeano a’ suoi occhi più naturali proporzioni. Ella credeva eziandio che tutti gli oggetti le fossero applicati contro gli occhi e quelli che presentavano una forma più regolare, senza ch’ella potesse darne ragione, erano quelli chè più le gradivano. Era curioso l’osservare che tutti quegli oggetti, che ella riconosceva e nominava essendo cieca, ora non più sapea distinguere, e tutti li confondea, comechè di forme differenti si fossero. Quando le si presentava un oggetto, cui ella conosceva in addietro per mezzo del tatto, il considerava con la massima attenzione, ma tosfento il dimenticava, perocchè troppo grande era il numero delle cose e de’ nomi che dovea ritenere a memoria. La confusione delle sue idee sul bel principio era spaventevole.

Non si formava un’idea della grandezza degli oggetti che colpivano la sua retina che applicando le mani su tutta l’estensione di essi; il tatto non lasciava ancora di esser per lei il senso squisito che era stato per là addietro.

Laddove per lo innanzi ella camminava do-