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vigneti, ad agrumi e ad altri alberi fruttiferi.

Circondava questa villa, da parte di Napoli, elegante inferriata con porta, e custode; dalla parte interna di Portici un muro alto e spesso, siccome sono quasi tutti difesi e guardati i poderi e le ville de’ dintorni di Napoli. Avea quel casino due piani e un pianterreno, in cui dormivano il cocchiere, il mozzo di stalla e il giardiniere con la sua famiglia; il primo piano era l’appartamento del Marchese e della costui famigliuola, composta della moglie Albina di Saintanges e d’una bambina di circa tre anni, primo frutto del loro matrimonio; il secondo piano, comechè al pari del primo con tutta l’eleganza addobbato, era vuoto, destinato per la baronessa di Saintanges e per la zia del Marchese ne’ giorni che queste gentili donne passavano in Napoli.

Benchè rigidissima la stagione, Albina avea pregato il marito di menarla in questo casino, dove passato avrebbe i pochi giorni dell’assenza di lui. E il Marchese, che amava sempre sua moglie con la medesima esaltata passione, onde amata l’avea fin dal primo giorno che la vide, erasi affrettato di fare la volontà di lei; e, non sì tosto ricevuto il messaggio di partire, accompagnolla a Portici. Sarebbe partito il giorno appresso, se la neve in tanta copia caduta non l’avesse costretto a procrastinare almen d’un giorno il suo viaggio.

Una compiuta trasformazione erasi operata nel carattere di Albina dal momento che il cielo fatta l’avea madre. Quella costante tristezza