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— Sì, a voi, mio buono amico; qual’è il vostro nome?
— Il mio nome?... Gaetano.
— Ah! Don Gaetano... sta bene; e il cognome?
Gaetano impallidì mortalmente; si lasciò cader di mano la penna, e si trasse un po’ dietro con la sedia, con un movimento non so se di paura o di sorpresa.
E non rispose.
L’altro, che facilmente avea fatto quella interrogazione per mera oziosità, per un preliminare di conversazione, e che ben altro in testa aveasi che conoscere il cognome di Gaetano, trasse in questo mentre un dorato taccuino dalla taschetta di fianco del suo giubbino, e vi leggeva un ricordo.
— Dite un pò, giovinotto, siete voi perfettamente a giorno della classificazione de’ protocolli del vostro principale?
— Perfettamente.
— Anche de’ più vecchi?
— Anche di questi.
— Molto bene... Ora... siete voglioso di lucrarvi cento piastre?
Gli occhi di Gaetano si spalancarono, e cercarono di trovare tutto il loro parallelismo per guardar fisamente negli occhi l’interlocutore, per iscovrire se per ischerzo o da senno detto avesse quelle parole.
Il signore, non sentendosi risposto, ripigliava con un tuono di voce un poco più energico e alquanto impazientito: