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58 vita

xxii Augusti 1490 Urbini Duci scriptum est.

Ill.me et excell. princeps amice noster char.me «Lantiqua affectione quale ha sempre portata questa Republica ad V. S. I. ne fa che in tucte le ocurrentie siamo prontissimi ad quella. Unde intendendo da Francesco di Giorgio, nostro cittadino, da noi per le virtù sue non mediocremente amato, desiderare V. Ill. S. epso Francesco conferirsi infino custà per dare perfectione ad alcuni edifitii: con grato animo habiamo concessoli possere venire, ad ciò satisfaccia ali desideri di V. S. Ill. qua ut quotidie ne venghi ad uso nostro et perfectioni le opere sue: però preghiamo quella, quam primum prefato Francesco habbi servito a la volontà di V. Ill. S. ad noi expedite li permetta ritornare».

Breve fu però il soggiorno del nostro architetto in quel d’Urbino, nè a che andasse è noto, seppur non fu per costruzione od acconcimi di una qualche fortezza, poichè, sebbene niun moto di guerra fosse allora in Italia, pure l’ambizione di Franceschetto Cibo, ed il saper sè incapace di successione, grande inquietudine causavano a Guidobaldo, gran bisogno di tutelarsi contro le imprese de’ confinanti.

Intanto vieppiù facevasi noto il nome di Francesco di Giorgio, singolarmente per le opere militari, dacchè nella corte erudita e guerresca del duca d’Urbino aveva avuto agio di dettar precetti, di effettuarli, di conoscere ed essere conosciuto da molti fra i dottissimi Italiani che colà traevano alla fama de’ generosi e cavallereschi principi di Montefeltro: ma qui ancora osservo, e forse dovrò osservarlo anche in appresso, che la fama di Cecco era specialmente nella conoscenza delle cose militari, e che quasi sempre a questo fine ei fu chiamato da principi e città libere. Quel Giovanni della Rovere signore di Sinigaglia e cognato di Guidobaldo, il quale, facendo lo prime armi sotto Federico di Monte-Feltro, molte volte è mestieri che veduto avesse il nostro ingegnere, e per cui aveva già questi condotte le rocche di Mondavio e di Mondolfo, lo chiamava di nuovo a sè, non so a qual fine: vedo bensì, che per questa volta almeno non potè Francesco obbedirgli, poichè il Duca lo chiama a sè il 24 ottobre, intanto che la signoria di Siena