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stici, giurisperiti e medici; non essendo la quarta facoltà, la facultas artium (corrispondente alle attuali facoltà di lettere e di scienze) che un istituto di preparazione scientifica generale alle altre tre facoltà superiori. Questo asservimento della vita intellettuale e dei suoi istituti alle esigenze d’una vita inferiore ha rivestito naturalmente le forme più brutali e repulsive sotto i governi dispotici, per i quali gli studi e gli istituti accademici non sono che uno strumento di governo, uno stabilimento tecnico destinato a produrre funzionari per lo stato. È il concetto che dell’università hanno i principi tedeschi che nel XVI e XVII secolo fondano con qualche migliaio di talleri un’università locale e vietano ai sudditi la frequentazione di altre università per avere sotto la loro direzione e vigilanza la preparazione dei funzionari ecclesiastici e civili ed anche per non perdere i vantaggi che al fisco recava il concorso dei giovani in una sede universitaria. Ed è altresì il concetto dominante della riforma napoleonica, che riduceva l’università essenzialmente ad istituti professionali medici e giuridici, militarmente disciplinati ed indirizzati non al progresso del sapere, ma alla formazione di utili e fidati funzionarî imperiali: mentre nello stesso tempo la mente alta e chiaroveggente di Guglielmo v. Humboldt organizzava le università prussiane con quei criteri di libertà che ne prepararono il fiorire meraviglioso e che oggi ancora sono degni di essere meditati ed ammirati. Ma non bisogna credere che la democrazia sia più favorevole all’indipendenza dell’attività intelettuale. Certo nelle origini sue ogni movimento rivoluzionario è il naturale alleato dell’intelligenza; tutte le volte che una organizzazione tende a sostituire un’altra organizzazione dominante, essa è tratta naturalmente a rilevare gli aspetti irrazionali dello stato di cose preesistente e ad identificare la propria causa con la causa della ragione. Ma quando è riuscita nel suo intento, allora le cose si presentano sotto ben altro aspetto. Allora la nuova organizzazione anche se è sorta su basi apparentemente più razionali della società anteriore, non tarda ad elevare rispetto alla vita intellettuale, le stesse pretese di quella: se prima essa faceva sua la causa dell’intelligenza, essa vuole ora che l’intelligenza non abbia aspirazioni divergenti dalle esigenze tutte materiali e terrene della nuova oligarchia. Socrate, il primo martire del pensiero, fu, è bene ricordarlo, la vittima