Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/77

CCXLVII

Al medesimo


Complimenti.

Onora troppo V. S. il mio Adone , mentre ne cava argomento per una delle sue lettere eroiche; ed io pago poco il mio debito, mentre ne la ringrazio con due belle parole. Ma s’io, per la stima singolare che fo de’ parti nobilissimi del suo ingegno e per l’obligo che professo all’amor ch’Ella mi porta, son giá divenuto tutto suo, non so che possa di me prometterle altro. Lodo il capriccio e la sua rissoluzione d’ introdur Venere che scriva ad Adone, dopo che questi si trova in poter di Falsirena. È certo che la lettera ha piú concetti che caratteri, ed è cosi in ogni sua parte vezzosa e leggiadra come tutta vezzo e leggiadria è ristessa Venere. Veggo i luoghi imitati da’ greci e da’ latini, in particolare da Claudiano ch’è ’l favorito di V. S., e mi piacciono oltremodo quei brilli di poesia viva. I poeti che dettano rime senza vivezze fabricano cadaveri, non poesie, e sono degni piú tosto del titolo di «beccamorti di Parnaso» che di «cigni d’Ippocrene». Ma passiamo ad altro.

Il ritratto del signor Cardinal prencipe inviatomi da V. S. si riporrá nella mia Coieria fra gli altri; ed io, subito che mi vedrò di vena, vi farò il sonetto designato, accioché, ristampandosi l’opera, possa dar questo nuovo testimonio a S. A. della mia continuata ed infinita osservanza.

Rendo grazie al gentilissimo mio signor Bruni del discorso che disegna indrizzar a me nel libro delle sue Rime , e nelle prime stampe vedrá il mondo se io le corrisponda o no.

Quel mio servitore di Terni fa tuttavia delle sue, né vorrei che, mandandolo io via e ritornando egli a Roma, gli desse V. S. ricovero. Le bacio affettuosamente le mani.

Di Napoli [autunno o inverno 1624].