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che dependerá da me, sentirò gusto grande d’incontrar occasione di farle conoscere la stima che faccio di lei. E perché ho pregato monsignor Mazarini di scriverle piú a longo sopra questa materia, resterò col pregarla di credere che sono vostro ben affezionato a servirvi.

[1640].

CLXXII

Di monsignor Ceva, maestro di Camera di nostro signor papa Urbano ottavo

Invia le Rime di papa Urbano ottavo, nuovamente stampate a Roma. [Roma, 1640].

CLXXIII

A monsignor Ceva


«Intorno ai poemi di Sua Beatitudine, inviatigli da Sua Signoria illustrissima».

Ho ricevuto dalla benignitá di V. S. illustrissima i castissimi e maravigliosi poemi di Nostro Signore, ed in un istesso tempo gli ho scorsi e, dirò quasi, divorati.

Non ho talento per lodargli, poiché so certo che l’istessa idea della maraviglia impiegata in si fatte lodi non arrivarebbe al segno, e l’arte piú forbita del dire non ha iperboli si grandi sovra cui non galleggiasse la veritá di tanta eccellenza. La santitá dei concetti potrebbe fare arrossire i lascivi inchiostri di quanti poeti scrissero nei secoli andati. Nostro Signore dalla dignitá del vicariato di Cristo sta collocato sovra la condizione di tutti gli uomini, e per l’eccellenza del poetare trascende quanti scrittori maneggiassero giamai penna terrena; onde la poesia giunta in lui non invidia a lui giunto al pontificato. Il candor dello stile vince la candidezza di quanti cigni s’ ingegnarono in tutte le nazioni del mondo di cantar su le carte. Io godo d’ esser vivuto sino a questi tempi e ne ringrazio Dio benedetto,