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CLVI

Al Cardinal Guido Bentivoglio


Risposta alla precedente lettera.

Ho ricevuto la seconda parte delle Istorie di V. E., inviatami da lei con si benigno concetto del mio giudizio. E questa è quella parte apunto tanto desiderata da tutta l’Europa, e particolarmente dall’Italia, per contener le famose imprese del principe di Parma, che però io ho sottratte molt’ore al sonno per correrne avidamente la maggior parte. Qui non saprei che dirmi, sovrafatto dal valor d’una spada e confuso dall’eccellenza d’una penna, se non che, si come quella giunse all’apogeo di Marte, cosi questa si è stabilita per trono l’apogeo di Mercurio; perché di quanta maraviglia innondò le menti degli uomini quel torrente di sangue che fu svenato da quel ferro, d’altretanto stupore resteranno gl’ingegni innondati da quell’inchiostro che V. E. con si rara felicitá ha sparso sui fogli. Senofonte, piú per rappresentare i propri concetti e per disciplinare il mondo che perché fosse stimolato da una storica veritá, stabili nella persona di Ciro l’idea del vero capitano; e l’E. V. con la sincera serenitá dell’istoria, illuminata però dai lumi del suo nobilissimo ingegno, n’ha fatto vedere cose migliori, le quali dal volgo delle penne, oppresse piti tosto che sollevate, non arebbono potuto avanzarsi a si bei tratti di gloria. E so certo che, se il medesimo Senofonte avesse avuto contezza dell’Alessandro di V. E., non avrebbe avuto a mendicare dal proprio ingegno l’idea del principe e del capitano. E chi sa che la penna di lei non abbia ad un Alessandro magno soggiunto un Alessandro massimo? E per lasciar da parte i Senofonti e i Curzi, dirò in una parola che cotesta bella Roma, che sempre cresce, ora possiede Livi megliori. Restaranno eternamente ubligate a si grand’ istorico e le memorie di quella serenissima casa e la gloria di tutta l’Italia e la consolata curiositá di tutti i lettori. Ed io