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favore del cielo vaieranno a porsi in sicuro dal tarlo dei giorni e dal verme degli anni, il corrosivo de’ quali distrugge tutte le cose, respirerá il mio nome col fiato delle lodi di lei.

Dio ottimo massimo le conceda sempre cosi favorevole fortuna come le ha donato eccellente virtú, e la preservi per celebrata maraviglia de’ nostri tempi, accioché tutti i poeti restino senza colpa, ammirando nella persona di V. S. un nuovo Apollo che avanza con la veritá delle sue preeminenze le favolose prerogative dell’antico. E per fine le bacio affettuosamente le mani.

Di Venezia [1624].

IV

Antonio Bruni al cavalier Andrea Barbazza


Manifesta il suo dolore per la morte del Marino.

(Da una lunga lettera premessa alla Ghirlanda : si veda piú sopra, p. 74).

Nel medesimo punto ho lettere da Napoli del nostro signor cavalier Marino e da Roma di V. S. In quelle s’accusa la ricevuta d’alcuni squarci dell ’Elogio che compongo per l’Altezza serenissima di Francesco Maria Feltrio della Rovere duca di Urbino, discorrendosi sopra alcuni particolari appartenenti a tal poesia; e in queste ricevo avviso della morte del signor cavaliere, lo resto fuori di me a si dolorosa novella, la quale quanto mi arriva improvisa tanto mi si fa sentire piú spiacevole. Ma come ricever sue lettere e nuova insieme della sua morte? Se io non legessi la data delle prime scritte a 12 di marzo e delle seconde a 5 d’aprile, non potrei darmelo a credere. E pur è necessario che a marcio mio dispetto il creda e che con lagrime di sangue il pianga inconsolabilmente, perché all’Italia s’è oscurato l’ornamento delle lettere, alla poesia toscana è mancato l’Apolline de’ nostri tempi, agli amici è tramontato lo splendore dell’amicizie; e a me fra gli altri vien tolto chi co’ termini civili d’un perfetto amore mi stimolava all’obligo di un affetto singolare, e con la viva voce e con l’opere maravigliose m’allettava con una soave violenza al debito di una straordinaria devozione. Dispiacemi solo che, per la disuguaglianza dell’etá e per esser egli molti anni dimorato nel servizio del re cristianissimo, non abbia potuto goderlo lungamente; poiché in tutto lo spazio di un anno che ebbi seco stretta pratica in Roma,