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sempre dirivati uomini singolari e, non che altro, fondatori in Roma di magnifici templi e di superbissimi palazzi.

Passo oltracciò sotto silenzio le ricchezze, i poderi e i vassallaggi, de’ quali, la mercé di Dio, abbonda tanto, che può ben largamente, si come fa, essercitare la cortesia e la liberalitá e quando e quanto piú le piace, essendo verissimo che cosí fatti beni quanto meno e piú di rado sogliono con le vertú accompagnarsi, tanto piú sono da essere istimati quando in persone ben nate e vertuose si ritrovano. Perché (continovando la ’ncominciata orditura) par che nella sua illustrissima casa abbia Amaltea votato tutto il corno della dovizia, per farla appieno d’ogni ornamento fiorire.

Ma di tutte queste cose io non parlo, come di quelle che pur finalmente sono parti, per cosí dire, forastiere e soggiacciono alle vicende di fortuna. Parlo solo di V. S. illustrissima, nel qual uno, non altrimenti appunto che in un prato sparso di fiori, tutte l ’eroiche eccellenze unite si veggono; e principalmente del suo nobilissimo animo ragiono, in cui, si come in un drappo di mille perle tempestato, anzi in un cielo d’ infinite stelle adorno, tutte quelle vertú che possono altrui arricchire mirabilmente risplendono. Poiché oltre alla gentilezza ed alla magnanimitá, oltre alla prudenza ed alla dottrina, delle quali ha voluto il cielo dotarla notabilmente; in lei con la gravitá del grado vedesi una soavitá ed affacevolezza di costumi congiunta, che tirano con secreta ma dolce violenza ad amarla insieme ed a riverirla non solo gli animi gentili e ben composti ma i piú barbari e villani. Questi raggi hanno non pur desti e ravvivati i fiori delle mie speranze giá smorti e languenti, ma hanno eziandio fatto sorgere ed aprire i fiori di queste rime, che gran pezza e oppressi dall’oblivione e chiusi per vergogna se ne stavano.

Né sapendo io come meglio potessi farmi conoscere al mondo grato riconoscitore de’ favori ricevuti e degli oblighi dovuti a V. S. illustrissima, dalla cui magnificenza sostenuto e dalla cui auttoritá sono stato favoreggiato in queste mie fortune, volentieri gli porgo a lei, immitando in questo quegli umili e semplici pastorelli, i quali, non avendo, si come i ricchi uomini hanno, per