Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/306

di quei canti a diverse genti ed in particolare all’ambasciatore veneto, che gli portò via in Venegia, dove corro rischio clic sieno ristampati, se ben molti miei amici si sono opposti per zelo della mia riputazione. Perciò \i prego caramente che vogliate supplicare cotesto serenissimo signore a non lasciargli vedere da persona alcuna, perché oltre ch’io gli ho tutti mutati, sarebbe cagione di rovinare tutti i miei interessi, essendo al presente il poema dedicato al re.

Godo infinitamente della generosa riuscita che fa il nostro serenissimo prencipe Tomaso, e mi congratulo con le muse ch’abbiano acquistato un si magnanimo protettore. Veramente tutto il mondo mi predica meraviglie del suo valore, della sua affabilitá e della nobiltá del suo animo. Io per me (ancorché non vi abbia molta domestichezza) ne son parzialissimo, e se sapesse con quanto affetto ho celebrato le sue lodi ne’ miei scritti so che mi a marebbe d’ avantaggio. Particolarmente nell’ Adone, dove in diverse occasioni parlo delle grandezze della sua serenissima casa, ed in ispecie nell’undecimo canto, descrivendo per via d’episodio coteste guerre passate, fo distinta menzione di lui. Di ciò non pretendo né dimando premio alcuno, poiché mi sento obligato a far molto piú senza allontanarmi dal vero. Ma il signor conte di Verrua ed il signor Crotti scrissero qua che S. A. mi voleva mandare un regalo o aiuto di costa, il qual non venne mai piú. Io scrissi a S. A. ringraziandolo di questa buona volontá, rappresentandole insieme la mia con ogni debito ossequio ed accettando l’offerta del favore promesso, non giá perch’io ne avessi necessitá (poiché per grazia di Dio danari non me ne mancano e son benissimo pagato della mia pensione), ma per gloriarmi di questo onore, amplificando ed essagerando la sua liberalitá e poter far conoscere altrui ch’io non ho perduta affatto la grazia di S. A., come molti credono. Se il detto serenissimo prencipe Tomaso vorrá aiutarmi, non gli mancheranno mille modi di farlo. E certo io avrei grandissima ambizione d’essere onorato dalla sua mano di qualche cosa, non dico di danari, perché non me ne bisognano, ma d’alcuna gentilezza, ancorché fosse un paio di guanti, solo per publico testimonio della mia