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Talché dove non si stende l’eminenza del componimento arriva la sublimitá del suggetto, per far che debba esser da lei lietamente gradito. So eh ’appo la sua grandezza queste cose son men che nulla, e conosco veramente esser grande arroganza la mia in donarle cose indegne di lei. Ma la presonzione sarebbe molto maggiore s’io pensassi di donarle cose di lei degne. Né minore sarebbe la diffidenza se credessi ch’ Ella non fusse bastante ad ingrandirle, per picciole che sieno.

Non deve adunque V. E. tenersi punto offesa della piccolezza dell’offerta, ricordandosi che tutto dona chi dona se stesso. Questo donativo le fece, dal primo di ch’ Ella mi accettò nella sua grazia, la mia naturale inclinazione, anzi la sua medesima bontá, che mi obligò per legge di gratitudine a corrisponderle con tutto l’affetto; si che quant’io ho e quanto posso giá lo debbo a lei, anzi a lei l’ha giá donato la mia pronta ed obligata volontá. Avvezzisi Ella ora, con quella istessa umanitá con cui suol donare il molto, a ricevere ancora il poco, poich’io dal mio canto piú mi reco ora a gloria il donare a lei con obligo che non mi recai giá a ventura il ricevere da lei senza merito. E se i voti che la terra paga al cielo e le vittime che porgono gli uomini agl’ iddíi si chiamano pur «doni», senza far torto agli oblighi che loro si hanno, né io posso errare in nominar «dono» questo debito seguendo il commune uso della gente, né V. E. in accettarlo prendendo in grado la mia umile dedicazione. La qualitá poi del donatore molto mal si conforma con quella di chi riceve. Ingegno per natura debole, per arte inerudito, per fortuna oppresso, insidiato da nemici, tradito dagli amici, sbattuto dalle calunnie, stanco dalle peregrinazioni, di nome oscuro, di stato basso, la cui penna è senza forza, le cui opere son senza spirito, ed essendo per se stesse cadaveri, come possono altrui dar vita immortale? Ma d’altra parte questa istessa mia bassezza ed imbecilitá m’insegna a procacciare qualche scala e qualche appoggio atto a sollevare e sostenere quel ch’ è per sé abietto e caduco.

Se per instinto di natura anche le fiere hanno tanto di conoscimento che nel partorire stimano cosa necessaria il riporre i