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né meno appressarlesi di gran lunga; ma farollo per mio beneficio, perché gioverá a me Tesser conosciuto non meno di lá da’ monti servidor di V. S. illustrissima, di quel ch’abbia fatto nella patria stessa e nell’ Italia tutta.

Viva io dunque suo umilissimo servidore ed Ella lungamente felicissima, le cui illustrissime mani bacio.

Da Torino [luglio 1612].

LXXII

Al signor Bernardo Castello

Annunzia la sua liberazione e chiede disegni.

Lodato Iddio! la mia integritá è stata conosciuta. Sono uscito di travagli non solo libero ma onorato. So che V. S. se ne rallegrerá: che perciò mi basta darle questo semplice aviso senza lunghe cerimonie, pregandola che, poiché io godo la libertá, con ogni libertá mi comandi. Ricordisi cIi’íg l’amo, l’osservo e ammiro il suo valore piú d’ogni altro. Ma ricordisi ancora delle promesse. V. S. mi è debitore d’una testa e di non so che altro. Insomma se ha qualche cosetta di bello, non lasci di mandarmela subito, ché giá n’è tempo, consegnandola in mano del signor Giovan Carlo Doria overo del pedone ordinario che parte di Genova a questa volta, ma in modo che la carta non patisca. Se lo fará, io invierò all’incontro a V. S. qualche segno e testimonio dell’amor che le porto, in alcun componimento. E le bacio caramente le mani.

Di Torino [1612].

LXXIII

Al signor Guid’Ubaldo Benamati

S i scusa di mandare un cattivo sonetto.


Rispondo al sonetto di V. S., ma con assai piti vivo affetto corrispondo all’affezione, e quanto lodo la sua poesia tanto la ringrazio della cortesia. La risposta le fará vedere com’io l’abbia