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215.Se pur foco amoroso è quel ch’acceso
(si com’io stimo) entro le vene ascondi,
ché non riveli a me (partito peso
fassi men grave) i tuoi dolor profondi?
Pasci pur di speranza il core offeso:
ché ne’ campi d’Amor lieti e fecondi
stan dolci frutti sott’amare foglie,
e di seme di duol gioia si coglie. —

216.A quel parlar la bella Donna il volto
veste di fina porpora vivace,
e con guardo dimesso e ’n sé raccolto
inchina a terra i vaghi lumi, e tace.
Ma pur alquanto assecurata, e sciolto
de la nobil vergogna il fren tenace,
in queste note a la profonda pena,
trangugiando un singulto, apre la vena:

217.— Fedel mia cara, e che noiose larve,
e che duri pensier guerra mi fanno?
E qual è questo, che quaggiú comparve,
novamente di me fatto Tiranno?
Veder nel suo bel viso Amor mi parve,
che con leggiadro e dilettoso inganno,
saettandomi gli occhi, il cor m’uccise:
indi de l’alma in signoria si mise.

218.L’alte bellezze e le sembianze oneste,
che fan di sé meravigliar Natura;
il dolce sguardo, il ragionar celeste,
che con stranio piacer l’anime fura;
il riso a tranquillar l’aspre tempeste
possente e rischiarar la notte oscura,
l’andar, lo star piacquero, oimè, sí forte
agli occhi miei, ch’io ne languisco a morte.