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223.Prègisi che per lui piangan le Dive,
Adon tra le miserie anco beato.
Morí quanto a la vita, a l’onor vive,
mortai fu il corpo, il nome è immortalato.
Piagne colá d’Arabia in su le rive
Mirra vie piú costui che ’l suo peccato.
Piangon gli Amori in Cipro, i bronchi, i dumi
clistillan pianto, e corron pianto i fiumi.

224.Fu bello, è ver; non però giá d’alcuna
grazia (sia con sua pace) Adon si vanti,
ch’agguagli quest’onor, questa fortuna
d’aver l’essequie da si dolci pianti:
ché ’n suggetto terren mai non s’aduna
merito degno di divini amanti;
e quand’ama alcun Dio cosa mortale,
la fa valer quel che per sé non vale.

225.Tu l’ombra di colui piangendo offendi,
che felice riposa e lieto giace,
e gode forse entro gli Abissi orrendi,
maggior che tu non hai, quiete e pace.
Sgombra dunque ogni affanno, ed a me rendi
le fiamme e i dardi miei, l’arco e la face,
ché ti giuro per essi, a tutti i cori
far sentir (fuor ch’ai tuo) piaghe ed ardori. —

226.Cosí scopriva Amor l’interno affetto,
e volando in quel punto anco volea,
per in parte esseguir quanto avea detto,
giá ne’ begli occhi entrar di Citherea.
Ma respingendo il crudo pargoletto
con la man bella l’infelice Dea,
— Taci taci — gli disse —, a che presumi
baciarmi il volto, ed asciugarmi i lumi?