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155.Qual crudo mostro oimè? qual mano ardita
tanta licenza a danni miei si prese?
Come ogni asprezza sua, dolce mia vita,
in te non raddolcí fatta cortese?
Ahi che ferí duo petti una ferita,
ne la tua morte la mia vita offese.
Quel tuo sangue è mio sangue, e quel tormento
ch’affíige il corpo a te, ne l’alma io sento.

156.Xon ti diss’io: “ Di seguitar deh lassa
per inospite balze orme ferine,
ch’a guisa di balen, che vola e passa,
correrai tosto ad immaturo fine”?
Stato pur fusse il mio presagio (ahi lassa!)
bugiardo in augurar tante ruine,
ch’essangue il tuo bel volto or non vedrei,
miserabile oggetto agli occhi miei!

157.Oh troppo de le fere aspro seguace,
ed ai consigli miei credulo poco,
quant’era il meglio tuo startene in pace
ne’ miei giardini, ov’è perpetuo gioco?
Or il trofeo de la tua caccia audace
fia la perdita sol del mio bel foco.
Sventurata beltá, come in un punto
del tuo corso vitale il fine è giunto!

158.Dunque andran quelle luci innamorate
nel sen di Morte a suscitar gli amori?
Quelle man bianche, e quelle chiome aurate
ad imbiancare, ad indorar gli orrori?
Quelle labra fiorite ed odorate
dentro le tombe a seminare i fiori?
Dunque andrá lo splendor di quel bel viso
a portar negli Abissi il Paradiso?