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127.E forse a punto allora intenta io rn’era
ne’ giochi a trastullarmi, e ne le feste,
quando devevi tu, gioia mia vera,
con la morte scherzar per le foreste!
Ben mi staria, ch’avesse alcuna Fera
tinte nel sangue tuo l’unghie funeste.
Ben per un fallo inescusabil tanto
giusta pena mi fora eterno pianto.

128.Deh sará ver, ch’ancor tra queste braccia
stringer ti possa un’altra volta mai?
Degg’io piú ribaciar la cara faccia?
Rivedrò de’ begli occhi i dolci rai?
Begli occhi, ahi qual timore il cor 111’agghiaccia
Vi troverò quai dianzi io vi lasciai?
O spenta è forse pur la luce vostra,
sí come il sogno orribile mi mostra?

129.Sospesa sto tra lo spavento e ’l duolo,
nulla piú mi rallegra, il tutto io temo.
Sú suso augelli, accelerate il volo,
ch’ornai la notte è su ’l confine estremo.
Fugata l’ombra, e rischiarato il polo,
tosto a specchiarci in altro Sole andremo. —
In tal guisa illustrando il mondo cieco
Venere bella si lagnava seco.

130.Cosí dubbia tra sé la madre Hircana
spesso ha de’ propri danni il cor presago,
qualor cercando ai figli ésca lontana
torce il passo da lor ramingo e vago,
temendo pur, ne la sassosa tana
fiero non entri a divorargli il Drago,
o pur furtivo intanto il piè non mova
l’astuto Armeno a saccheggiar la cova.