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35.Se di perle e rubin ricco monile,
o bel diamante intorno a te lampeggia,
ti rappresenti la mia fede umile,
cui gemma Orientai non si pareggia.
E se ’n cristallo limpido e gentile
si specchia il tuo bel volto e si vagheggia,
imagina ch’ognor l’imagin cara
nel mezo del mio cor splende piú chiara.

36.Cosi per tutto, ovunque andrai dintorno,
di me mai sempre il simulacro finto
di color vivi in vive forme adorno
dal cortese pensier ti fía dipinto.
Felice me, se quando poscia il giorno
cede a l’ombre notturne, e cade estinto,
ti stampasse dormendo il sonno vago
la mia vagante e fuggitiva imago.

37.Ma ciò non spero. Esser non può giá mai,
che ’l sonno, il sonno freddo, il sonno cieco
accostarsi presuma a si bei rai,
e venga tante fiamme a portar seco.
Soffrirò dunque, e mi fia pur assai,
ch’io del proprio dolor mi doglia meco,
e con lo spirto errante e peregrino
possa sempre al mio ben farmi vicino. —

38.Qui tace, e poi soggiunge: — Ahi che serpendo
mi va per entro il petto un freddo ghiaccio.
Temo non tu da me sazia fuggendo
al caro Marte tuo ne torni in braccio.
Se questo è ver, di propria mano intendo
scior de l’amore e de la vita il laccio.
Crudel, se non ti move il mio cordoglio,
ben sei figlia del mar, nata di scoglio. —