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279.Sí sí, poco mi cal; che può ne segua,
ne verrò teco in solitaria balza.
Ogni disagguaglianza Amor adegua,
ei del natal l’indignitate inalza.
Se si nega al mio mal tanto di tregua
ch’io ti possa seguir discinta e scalza,
lassa, chi fia che tempri il dolor mio?»
Ed io, ch’era vicin, le rispos’ «Io».

280.Io, ch’agitato da pensier diversi,
udito il tutto avea fra stelo e stelo,
pien d’un timido ardir mi discoversi,
tremando al foco, ed avampando al gelo.
Quivi il cor l’apers’io, ma non l’apersi
di mia fortuna in ogni parte il velo.
Le dissi ben, che nobile e reale
era lo stato mio, ma non giá quale.

281.Chiamo voi testimoni amici orrori,
fuste voi secretane amiche piante,
s’altro involai da’ miei modesti amori
che quanto lice a non lascivo amante.
Potea rapire i frutti, e còlsi i fiori,
ardea di voglia, e mi mostrai costante;
e s’ai vaghi desiri il morso sciolsi,
del bel volto i confin passar non vòlsi.

282.Avev’io giá per uno e duo scudieri
con note ardenti e di man propria espresse
esposti al Re mio padre i casi interi,
presago (oimè) di quel ch’indi successe,
perché di lei con lettre e messaggieri
la pace maritai m’intercedesse;
ma col mio ben (cred’io) con la mia speme
per piú mai non tornar, partirò insieme.