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259.' Non son non son Pastor, per che mi veggia
sotto manto villan, Ninfa gentile,
premer il latte, e pascolar la greggia,
tonder la lana, ed abitar l’ovile.
Lasciai per umil mandra eccelsa reggia,
copre pensieri illustri abito vile.
Amor m’ha chiuso in questa roza spoglia,
ma se cangio vestir, non cangio voglia ”».

260.Con queste note a l’unica bellezza
di rossor virginal la guancia sparsi.
Turbar la vidi, e vidila gran pezza
tutta sovra pensier sospesa starsi.
Dal mirarmi piú spesso allor certezza
presi, e da quel sí súbito cambiarsi,
che di quel ch’era a dubitar s’indusse,
e di quel che bramava anco che fusse.

261.Che quei che fece il genitor morire
quei mi fuss’io, sospezzion non ebbe.
Persuadersi un cosí stolto ardire
potuto in modo alcun mai non avrebbe;
né tal secreto io poi le vòlsi aprire,
ch’uomo in donna fidar tanto non debbe.
Credeami ben sott’abito vulgare
cavalier di gran guisa, e d’alto affare.

262.Herbosco a ciò non ponea mente, a cui
or pendente, or monil recando a tempo,
la malizia senil tentava in lui
ciecar con l’oro, ed aspettava il tempo.
In me diletto, ed utile in altrui
l’amorosa Magia nutrirò un tempo.
Alfin di quell’amore, ond’era incerto,
argomento maggior mi venne aperto.