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195.Ciò detto, in riva al fonte ambo posaro,
l’un si fe’ seggio un tronco, e l’altro un sasso,
e quei verso il Donzel, che gli era al paro,
levato alquanto il viso umido e basso,
dopo la tratta d’un sospiro amaro,
che ’l profondo dolor ruppe in «Ahi lasso!»,
finalmente allargò per lungo corso
in questa guisa a la favella il morso:

196.— Su ’l mar d’Assiria in fra duo porti siede
Sidon la terra, ov’io mi nacqui in prima.
Il mio gran genitor tutto possiede
tra Cilicia e Panfilia il fertil clima.
Sidonio, de’ Fenici unico erede
son io, che salsi a la gran rota in cima;
ma caddi in breve, e i fior del mio gioire,
misero, si seccaro in su l’aprire.

197.Giunt’era il festo dí, quando tra noi
l’Idol crudel si reverisce e cole,
quando non pur con gli abitanti suoi
onorar sí gran festa Egitto suole,
ma Siria, e Saba, e dagli estremi Eoi
vien l’Indo e ’l Perso a la Cittá del Sole;
cittá vera del Sol, tra le cui mura
abitava quel Sol, che ’l Sole oscura.

198.A celebrar quel memorabil giorno,
peregrin sconosciuto, anch’io ne venni.
Nel ricco Tempio, e di bei fregi adorno,
fra le turbe confuso, il piè ritenni.
Ed ecco fuor del suo reai soggiorno
Argene uscir con pompe alte e sollenni,
movendo a visitar (com’è costume),
da gran popol seguita, il fiero Nume.