Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/167


35.E se non temess’io che nel tuo petto
la doglia e la pietá degli altrui danni
farebbon forse ancor l’istesso effetto,
parte ti conterei de’ nostri affanni.
Noioso è troppo e tragico il suggetto,
e d’assai gl’infortunii eccedon gli anni;
ma pur tacere almen non si conviene
chi siamo, e qual cagion qui ne ritiene.

36.Abbiamo a la squadriglia infame e ria
la veritá sott’altro velo involta,
ché ben che falsa e mentitrice sia,
lecita è la menzogna anco talvolta,
quando giova a chi mente il dir bugia
e non noce il mentire a chi l’ascolta.
Poria, s’ella del ver fusse avertita,
per occultar il mal, tòme la vita.

37.Oranta, che d’Armenia ebbe il governo,
suora fu di Morasto, il Re d’Egitto,
che ’n compagnia morí di Galiferno,
giá di lei sposo, in un mortai conflitto.
Nel maritai eccidio e nel fraterno
le fu da tanta doglia il cor trafitto,
che gravida disperse ed abortivi
partorí duo gemelli intempestivi.

38.Intempestivo il parto ed improviso
per affanno l’assalse innanzi l’ora,
perché súbito giunto il duro aviso,
i duo teneri infanti espose fora.
E per l’amor del gran marito ucciso
chiamò Filauro l’un, l’altra Filora,
figli di madre afflitta, e padre essangue,
prodotti nel dolor, nati tra ’l sangue.