Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/108


79.Marte di sdegno acceso e di furore
morte giá gli minaccia acerba e rea;
onde s’è l’amor tuo sterile amore,
infausto anco è l’amor di Citherea.
Volger ricusa a le tue fiamme il core,
perché fissa vi tien l’amata Dea.
Poi cotal gemma lo difende e guarda,
ch’esser non può che d’altro foco egli arda.

80.E poi che tu con fiero abuso e rio
de l’arti tue mi togli ai regni bassi,
e per un curioso e van desio
fai che Stige di novo a forza io passi,
né men crudel ch’a l’alma, al corpo mio,
ucciso ancor, d’uccidermi non lassi,
ascolta pur: ch’io voglio ora scoprirti
quel che non intendea prima di dirti.

81.Permette il giusto Ciel per questo scempio,
e per l’audacia sol del tuo peccato,
ch’osò con strano e non udito essempio
sforzar Natura e violare il Fato,
che non s’adempia mai del tuo cor empio
il malvagio appetito e scelerato.
Né te l’amato bene amerá mai,
né tu del bene amato unqua godrai. —

82.Piú non diss’egli, e ciò la Maga udito,
di geloso dispetto ebra s’accese,
e ’l busto in negra pira incenerito,
alfin piú di morir non gli contese.
Ritornò pur quel misero ferito,
poi ch’a terra ricadde e si distese,
mandando l’ombra a le Tenaree porte,
dopo due vite a la seconda morte.