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103.Se si rischiara il mondo, o se s’imbruna,
spieghi o pieghi la Notte il fosco velo,
de l’Aurora ha sospetto e de la Luna,
ch’a lei noi furi, e non sei porti in Cielo.
Odia, come rivai, l’Aura importuna,
gli augelli, i tronchi, i fior l’empion di gelo.
Ha quasi gelosia de’ propri baci,
de’ propri sguardi suoi troppo voraci.

104.Sotto le curve e spaziose spalle
d’un incognito al Sol poggio frondoso
cinto da cupa e solitaria valle
s’appiatta in cavo sasso antro muscoso.
Raro de’ suoi recessi il chiuso calle
altri tentò, che ’l Sonno, e che ’l Riposo.
L’ombre sue sacre, i suoi riposti orrori
e Fere reveriscono, e Pastori.

103.Questo (l’Arte imitando) avea Natura
di rozi fregi a meraviglia adorno.
L’avea con vaga e luslica pilluxa
sparso di fronde e fior dentro e dintorno.
Gli fea d’appio e di felce un’ombra oscura
schermo a l’ingiurie del cocente giorno.
Difendea l’Edra incontrali Sol l’entrata
di cento braccia e cento branche armata.

106.Qui spesso ricovrar da’ campi aprici
la bellissima coppia avea costume,
e ’n liet’ozio passar l’ore felici,
secura da l’ardor del maggior lume.
Eran de’ sonni lor l’aure nutrici,
cortinaggi le fronde, e l’erbe piume,
secretarie le valli e le montagne,
e Terme solitudini compagne.