Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/458


55.Tra’ bei confin de le gemmate rive
sí serena traspar l’onda raccolta,
che i non suoi fregi usurpa, e ’n sé descrive
tutti gli onor de la superba volta.
Non tanto forse in sí bell’acque e vive
sdegneria Cinthia esser veduta e còlta.
Forse in acque sí belle il suo bel viso
meglio ameria di vagheggiar Narciso.

50.Quinci (penso) adivien, che la loquace
giá ninfa, che per lui muta si tacque,
d’abitar fatta voce or si compiace
dov’ei di vaneggiar giá si compiacque.
Quivi de’ detti estremi ombra seguace
d’arco in arco lontan fugge per Tacque;
e qual d’Olimpia entro l’eccelsa mole,
moltiplica risposte a le parole.

57.Venne allor l’una coppia, e l’altra scòrse
de’ bei lavacri al piú vicin recesso;
né molto andò, che quindi uscir s’accorse
d’accenti e baci un fremito sommesso.
Adone a quella parte il passo torse
tanto che per veder si fé’ da presso.
Vide, e gli cadder gli occhi in fondo al fonte,
tanta vergogna gli gravò la fronte.

58.Su la sponda d’un letto ha quivi scorto
libidinoso Satiro e lascivo
eh a bellissima Ninfa in braccio attorto
il fior d’ogni piacer coglie furtivo.
Del bel tenero fianco al suo conforto
palpa con una man l’avorio vivo,
con l’altra, ch’ad altr’opra intenta accosta,
tenta parte piú dolce, e piú riposta.