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191.Allor tra varia turba ascoltatrice
assiso incontro ai duo beati amanti,
d’oro fregiato l’orlo e la cornice,
si pose Momo un bel volume avanti.
“ Le Vergogne del Cielo ”, il titol dice,
e diviso è il Poema in molti Canti;
ma fra molti un ne sceglie, indi le rime,
in questa guisa incominciando, esprime:

192.— Piú volte ai dolci lor furti amorosi
ritornati eran giá Venere e Marte,
credendo a tutti gli occhi esser ascosí,
tanta avean nel celarsi industria ed arte.
Ma ’l Sol, che i raggi acuti e luminosi
manda per tutto, e passa in ogni parte,
ne la camera entrò, che ’n sé chiudea
lo Dio piú forte e la piú bella Dea.

193.Veggendogli d’Amor rapire il frutto
seno a seno congiunti, e labro a labro,
tosto a Vulcano a riferire il tutto
n’andò ne l’antro affumigato e scabro.
Batter sentissi al caso indegno e brutto
vie piú grave e piú duro il torto fabro,
di quel ch’egli adoprava in Mongibello,
su l’incudin del core altro martello!

194.Non fu giá tanto il Sol col divin raggio
mosso per zelo a palesar quell’onte,
quanto per vendicar con tale oltraggio
la saetta ch’uccise il suo Fetonte:
che quando al troppo ardito e poco saggio
Garzon, ch’ei tanto amò, feri la fronte,
non men ch’ai figlio il corpo, al genitore
trafisse di pietá l’anima e ’l core.