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111.S’accoglie in rivi il dolce umore, e ’n fiume
a poco a poco accumulato cresce,
e nutre a sé tra le purpuree spume
di color, di sapor simile il pesce.
Folle chi questo o quel gustar presume,
ché per gran gioia di se stesso n’esce:
ride, e ’l suo riso è sí possente e forte,
che la letizia alfin termina in morte.

112.Arbori estrane qui (se prestar fede
lice a tanto portento) esser si scrive
Spunta con torto e noderoso piede
il tronco inferior sovra le rive:
ma da la forca in sú quel che si vede
ha forma e qualitá di donne vive.
Son viticci le chiome, e i diti estremi
figliano tralci, e gettano racemi.

113.Dafni o Siringa tal fors’esser debbe
in riva di Ladone o di Peneo
quando l’una a Thessaglia e l’altra accrebbe
nova verdura ai boschi di Liceo.
Forse in forma sí fatta a mirar ebbe
sue figlie il Po nel caso acerbo e reo
quando a spegner le fiamme entro il suo fonte,
sinistrando il sentier, venne Fetonte.

114.Sotto le scorze ruvide ed alpestre
sentesi palpitar spirto selvaggio.
Soglion ridendo altrui porger le destre
e s’odon favellar greco linguaggio.
Ma che frutto si colga o fior silvestre
non senza alto dolor soffron l’oltraggio.
Bacian talor, lusingatrici oscene:
ma chi gusta i lor baci ebro diviene.