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127.Havvi il Báccare rosso, in piaggia aprica
nato a spedir le membra in lieve assalto.
Havvi la Spina Arabica e la Spica
che piú groppi di verghe estolle in alto.
D’Ethiopia il Balan qui si nutrica,
colá di Siria il virtuoso Asfalto.
Spunta mordace il Cinnamomo altrove,
e la Pontica Noce a piè gli piove.

128.Tra i piú degni germogli il Panaceo
le sue foglie salubri implica e mesce;
e ’l Terebinto col Dittamo Ideo,
da cui medico umor distilla ed esce;
e col Libico Giunco il Nabatheo,
e d’india il biondo Calamo vi cresce.
Chi può la serie annoverar di tante,
ignote al nostro ciel, barbare piante?

129.Fumante il sacro Incenso erutta quivi
d’alito peregrin grati vapori.
Scioglie il Balsamo pigro in dolci rivi
i preziosi e nobili sudori.
Stilla in tenere gomme, e ’n pianti vivi
i suoi viscosí e non caduchi umori
Mirra, del belFAdon la madre istessa:
e ’l bel pianto raddoppia, or ch’ei s’appressa.

130.Non potè far che del materno stelo
non compiangesse il figlio il caso acerbo.
— Siati sempre — gli disse — amico il Cielo,
tronco che ’n mezo al cor piantato io serbo.
Le tue chiome non sfrondi orrido gelo,
le tue braccia non spezzi Austro superbo;
e quando ogni altra pianta i fregi perde,
in te verdeggi il fior, fiorisca il verde. —