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Qui tralascio il dire, come Maniace dal canto suo, gravemente offeso della loro segreta partenza, si fosse determinato ad inseguirli; e come, impegnata una battaglia presso Melfi, vi fosse inferiore, e costretto a ritornare in Sicilia.

Mentre tutto questo avveniva, i Saraceni, avanzatisi verso Troina si apparecchiavano a sterminare quanti cristiani e Greci incontrassero. Il loro esercito di ben centomila uomini era comandato da Umar, Principe africano, che, venuto d’Africa a toglier di mezzo gl’inetti fratelli Apollofar ed Apochaph, era rimasto unico signore dell’isola, salvo poche città rimaste in mano dei Greci.

Maniace non s’avvilisce: li attacca, e trionfa, lasciando sul campo cinquantaduemila uccisi; e affinchè non uno, tragittandosi in Africa, scampasse alla strage, ordina al patrizio Stefano, che disponesse in crociera l’armata attorno all’isola. Ma Umar elude l’attenzione dell’ammiraglio greco, e colle sue navi si salva.

Forte turbatosene Maniace, fa venire a sè il patrizio; e tutto che fosse fratello dell’imperatrice, non sapendo reprimere la collera, gli fa una lavata di capo, e poi gli avventa un pugno sulla fronte.