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vestita, che si tenea le mani sotto a un grembiule di traliccio color celeste. Non era gobba, ma avea la spalla allegra; il viso affilato ed appassito che dava nel turchino; un porro sur una delle pinne del naso; la bocca sformata, e priva affatto di denti, se ne avessi tolto due incisivi e uno dei canini lunghi lunghi, sporgenti, e cariati, che parlando, pareva, se mi sia permesso il paragone, la latomia dei Cordari in Siracusa coi piloni di sostegno. Era costei la moglie del Cantastorie; la quale, sentito picchiare, non sapendo chi fosse il venuto, ed aspettando qualche limosina, corse ad aprire, e domandò:

— Chi è a quest’ora bruciata?

— Io, buona donna.

— E che volete?

— È tornato vostro marito?

— Dite piuttosto quanto tempo è che muffisce in casa per questo tempaccio che mai non si rimette? Non so come il Signore ci ha mantenuti ritti sino adesso con una scodella di fagiuoli nello stomaco. Oh! caro mio, la fame ci tormenta tanto, che c’è rimasto solo la pelle e le ossa.

— Mi dispiace davvero, ma spero potervi aiutare.