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ne parlava più. D'aspetto era giù, questo sì, ma da un pezzo, oh, da un gran pezzo! La Giovanna ebbe una reticenza espressiva; pare che facesse risalire, nel suo pensiero, questo crollo del conte all’epoca in cui Silla aveva lasciato il Palazzo. Insomma quella sera non c’erano novità. Il matrimonio si doveva fare alle sette del mattino. Alle cinque Giovanna aveva dovuto entrare dal conte per certe chiavi e lo aveva trovato a terra semivivo, con tutti i segni dell’apoplessia. A questo punto del suo racconto, fosse commozione o altro, s’interruppe. Ripigliò dicendo che s’eran chiamati subito il medico e il parroco; che il primo, un brav’uomo succeduto da pochi mesi al vecchio dottore, giudicando il caso gravissimo, aveva chiesto subito un consulto, e consigliato di provvedere alle cose di religione. Purtroppo non c’era nè parola nè intelligenza; il parroco non aveva potuto far altro che amministrare l’olio santo. Fatalmente il padre Tosi non era stato trovato nella sua residenza, e non era venuto che un paio d’ore prima di Silla. Durante la giornata il conte non aveva migliorato nè peggiorato. Alla sera il medico era stato contento di trovare un po’ di febbre che si era forse anche accresciuta nella notte. La fisionomia pareva alquanto ricomposta, l’occhio era meno vitreo, e anche le labbra, ogni tanto si provavano di articolare qualche parola. La Giovanna sperava che, se potesse riconoscere Silla, ne avrebbe un gran conforto. — Non può averne altri — diss’ella.

— E il matrimonio? — chiese Silla.

— Ah Signore! — rispose la Giovanna. — Non so niente. La signora donna Marina non ha mai posto piede fuori della sua camera dal 29 di sera in poi. Pare che sia ammalata perchè ieri mattina s’è fatta portare una quantità di ghiaccio. Non vuol vedere nè il suo fidanzato nè la signora contessa. Da lei non ci va che la sua cameriera e il ragazzo; sa, il barcaiuolo. Oh Signore, per me già desidero solo che guarisca il signor padrone