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e la teme da presso. Si volse alla portinaia senza parlare. Ella lo conosceva e disse alzando la testa dal lavoro: «In casa.»

Salì le scale adagio, aggrappandosi nervosamente alla branca. Suonato il campanello si sentì chetare i nervi, si meravigliò seco stesso d’essersi lasciato tanto turbare dalla fantasia.

— Oh! Oh! Caro amico! Date! Oh! questa è una grande fortuna con questo tempo tedesco. Date! — vociferò Steinegge, che gli aveva aperto e gli toglieva di mano a forza l’ombrello e il cappello.

— Buon giorno, signor Silla — disse Edith quietamente. Ella era seduta presso la finestra e lavorava. Aveva alzato il viso, nè roseo, nè pallido, per il breve saluto e s’era volta quindi a guardar dalla finestra il «tempo tedesco.»

Entrava lassù dallo sterminato cielo bianco una gran luce quasi nervosa. Sul tavolo, spoglio del suo bel tappeto azzurro e nero, posavano due o tre grossi volumi, un calamaio e un manoscritto aggruppati presso la sedia da dove s’era alzato Steinegge.

— Voi vedete — disse Steinegge — questo Gneist è un grande uomo, grandemente stimato in Germania. Bisogna leggere un articolo di questa Rivista «Unsere Zeit.» Voi sapete? Oh, ff! Ma io sono un piccolo uomo, e quando ho tradotto cinque o sei pagine, non è possibile andare avanti; è questo. Voi, voi dovreste imparar presto il tedesco e tradurre il Self-Government per la nostra nazione. Io lavoro per il signor conte perchè io devo mangiare, ma io getto questa fatica in un pozzo, e poi io traduco in francese molto male. Io credo che guadagnereste molti denari perchè tutti gl’Italiani comprerebbero. No? Voi non credete? Voi non credete? Ooh! Questo mi meraviglia molto, caro amico. Se avessi denari, farei tradurre per speculazione a mie spese. No? Ah, no. Questo mi meraviglia molto. Sedete. Voi avete un libro?