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— Come La comanda, Eccellenza. La cameriera giovane, quella della marchesina Marina, mi ha dato ragione, se non fallo, perchè tanto l’una che l’altra parlano peggio dei levantini. Sa, Eccellenza, cosa si capisce? Che qui padroni e servitori, con buon rispetto parlando, son tutti cani e gatti.

— Dimmi, dimmi. Quest’altra calza, siora sempia! Dimmi dimmi. Non c’è male queste gambe, ancora, ah?

— Eh, Eccellenza, quante sposine vorrebbero...!

— Sì, dimmi, vecia, conta su. Cani e gatti, ah?

— Eh cani e gatti, Eccellenza. Il signor conte e la signora marchesina non si possono vedere. La si appoggi a me. Piano, Eccellenza, piano, che il letto è alto. Quando si guardano pare che si vogliano mangiare. Così ci ha detto il cuoco a Momolo, perchè pare che il cuoco non tenga nè dall’uno nè dall’altra. Ne contano di belle.

— Conta su.

— Ma non so, Eccellenza, se posso, perchè c’entra il signor conte...

— Eh, stupida, quando vi dico di contar su, il vostro dovere è di contar su.

— Come La comanda, Eccellenza. Ecco, si vuole che il signor conte, tempo fa, volesse prendere la signora marchesina e che la signora marchesina si disperasse perchè, ohe poveretta, giovane la è, anima mia...

— Contate su senza tante anime.

— Come La comanda, Eccellenza. Dunque la signora marchesina si ammalò e andava a torzio colla testa; da quel tempo non ha più potuto vedere il conte; e il signor conte ha dovuto metterla via; ma anche lui è diventato rabbioso contro di lei. Dopo è nato un altro pettegolezzo d’un giovane...

— D’un giovane?

— Per servirla, Eccellenza.

— Che giovane?

Sua Eccellenza era inquieta.