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giamo mai un tronco abbattuto perire sul suolo, innanzi che una gran quantità di funghi non vi nasca attorno.

Cessiamo adunque dal lamentare il precipitoso oblio, nel quale cadono gli antichi scrittori; poiché eglino sono sottoposti alla gran legge di natura, la quale ordina che tutte quante le forme sottolunari della materia dovranno avere un limite nella loro durata, ma vuole del pari che i loro elementi non si distruggano mai. Generazioni e generazioni, si nella vita animale che nella vegetale, passano; ma il principio di vita è mandato alla posterità, e le specie continuano a fiorire. Così parimente autori generano autori, ed avendo data origine a numerosa prole, e venuti a tranquilla e beata vecchiezza, riposano co’ loro padri, cioè a dire con quelli che, scrivendo, li precedettero, e da cui essi hanno rubato.

Mentre io era assorto in queste bizzarre fantasticherie, appoggiai la testa a un mucchio di grossi e venerandi libri. Sia che vogliasi attribuire alle esalazioni sonnifere, che venivano da que’ volumi, o alla profonda quiete della stanza, o alla spossatezza per il molto girare attorno, o ad un cattivo abito di sonnecchiare fuor di tempo e luogo, e da cui sono fortemente tormentato, accadde ch’io mi lasciassi prendere ad un leggiero sonno. Intanto la mia immaginazione continuava l’opera sua, e la medesima scena invero rimaneva innanzi agli occhi della mia mente, cangiata solo in qualche particolarità.

Io sognava che la camera fosse tuttora ornata di ritratti degli antichi autori, ma che il numero ne fosse cresciuto. Le lunghe tavole erano scomparse, e in luogo di sapienti maghi io vedeva una turba