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INTRIGHI DELLA CORTE 59 fine che di ripigliar la regina; ma io sono stato assicurato da chi può saperlo, che nissun fine politico si mescolò in questa sua resoluzione, insinuatale unicamente dalla paura della morte, alla quale in una pericolosa infermitá si riconobbe vicina: anzi fu cosí pressante il timore e cosí estremo il pericolo, che gli furono amministrati i sacramenti della nostra religione senza istruirla sufficientemente, il che fu fatto solo dopo la malattia. Ho ben saputo che per la Pasqua ed altre feste solenni, in cui la regina, e per conseguenza tutta la sua corte cattolica, comparisce in pubblico a far le sue devozioni, madama di Castel Main ha avuto di gran difficoltá per non trovar confessori che si curassero di sentir la sua confessione, essendocene in Inghilterra pochi e quei pochi dependenti dalla regina, appresso la quale in quel paese importa troppo lo screditarsi. Quest’anno però son certo ch’ella s’è comunicata, avendola veduta co’ miei occhi comunicare in coppia con Bernardino Guasconi, che furono gli ultimi due che s’accostassero alla comunione la mattina di Pasqua nella chiesa di S. James sotto gli occhi della regina. M*è stato detto per cosa certa che un gesuito le aveva dato l’assoluzione. Presentemente questa dama non è molto bella, benché se gli riconoscono i vestigi d’una bellezza maravigliosa. Non si può portar mai peggio la vita di quel ch’ella fa: il che è veramente difetto comune di tutte le dame inglesi, le quali, come se si muovessero per una virtú interna solamente dal mezzo in giuso, si trascinano dietro le coscie e le gambe in una forma ridicolosa. In lei, spero, c’è questo di vantaggio: che non solo nel portamento, ma in ogni gesto delle braccia e delle mani, in ogni atteggiamento del viso, in ogni girata d’occhi, in ogni movimento di bocca, in ogni parola vi si riconosce la sfacciataggine e il puttanesimo. Alle volte dá in terribili crepacuori, e la gelosia che aveva della reintegrazione della duchessa di Richmont, di cui con tutte l’apparenze dei passati sdegni ha ella sempre creduto il re fieramente acceso, le attossicava l’animo di cosí mortale amarezza, che spesso in su quelle furie si chiudeva nelle sue camere, ricusando di cenar col re: l’obbligava a mangiar solo o dalla duchessa di Monmouth, il che da quattro mesi in qua ha poi sempre seguitato a fare.