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libro quinto 157

quivi in tale ufizio (Grut. 366, 4). In Vicenza furono Duumviri, e così in Brescia, dove Duumviro juri dicundo fu Acuzio Primo (Grut. 344, 12); e nelle Valli altresì, quali come corpo separato, avanti d’essere attribuite a Brescia, faceano i suoi, e più d’una lapida n’è rimasa (Mem. Bresc. p. 156). Buona cosa che non venisse questa differenza avvertita, poiché per altro li più di quelli che ne’ passati tempi dieder fuori le iscrizioni delle lor patrie, Quartumviri per giudicare ci mettean tutti innanzi. In Verona questo Magistato fu più fortunato degli altri in rimanerne memoria. Sopra la porta d’antico edilizio, di cui si parlerà altrove, e che senza dubbio fu il Foro della ragione, vedesi ancora inciso a bellissime lettere il nome di Tiberio Flavio Norica Quartumviro per giudicare (v. Grut. 387, I). Dietro tal porta altra se ne conserva in parte più antica della sudetta, nella quale vedeansi a tempi del Saraina scolpiti i nudi nomi di P. Valerio, Q. Cecilio, Q. Servilio, P. Cornelio, quali senza dubbio saranno stati i Quartumviri di quel tempo: e dal vedergli senza cognome si può dedurre quanto d’antico; avendo osservato il Fabretti (pag. 240), come tal fu l’uso in tempo della Republica. A onore d’altro Quartumviro, il quale dalla tribù Pobilia si palesa de’ nostri, cioè di Marco Gavio Squillano (v. Insc. XII, ora nel Museo), fu da’ ministri del suo tribunale affissa tavola di metallo, che si conserva ancora, e fu già qui nel Museo di Cesare Nirchesola, ove la vide il Pignorio: la gente Gavia era in Verona frequentissima. D’Arrio Cestro-