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libro quinto 153

maggior interesse concepiva ognuno per la seconda che per la prima. Uomo Romano chiamò se stesso replicatamente anche S. Paolo nato in Tarso, perchè contra l’ingiuria de’ flagelli giovava l’esser Romano, e non giovava l’esser di Tarso (Act. XVI, 37; XXII. 25).

Abbiam veduto poco fa da Gellio, come le colonie, il che poi fecero anche l’altre città dell’Imperio, si rendeano piccole immagini di Roma, mentre cercavano di uniformarsi ad essa quanto era possibile, e di servare l’istesso civil sistema e gli ufizj. Sopra i Magistrati municipali molto però e dottamente si è scritto. Gli recitò tutti, ricavandogli dalle iscrizioni, il Panvinio (lib. 2, c. 12) nelle Antichità Veronesi; trattò di essi nelle Augustane il Velsero; un libro ne scrisse il Pancirolo, e v’impiegò una bella Dissertazione il Cardinal Noris. Soverchio però sarebbe l’andar parlando di tutti, e troppo lungi ci condurrebbe il ricercar più a dentro molte particolarità non ancor discusse: tanto più, che con tutta la conformità in genere, molte cose però nelle diverse città eran diverse, e diverso era il numero e il nome degli ufizj: reggasi sopra tutto la legge delle Cariche e degli Onori (D. l. 50, t. 4). In alcune città a coloro ch’eran nella prima dignità, si diè fin nome di Dittatori, in altre di Consoli e in altre di Pretori. Noi però accenneremo solamente que’ Magistrati della città nostra, de’ quali sicuro monumento ci sia rimaso: e non saran molti, poichè delle nostre lapide, per la ragione che apparirà altrove, poche hanno sfuggito l’eccidio. Diremo adunque in primo luogo, come