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72 | la merope |
m’agita e avvampa: eccovi il vecchio, il cielo
mel mandò innanzi, il vecchio che nodrillo.
Polidoro. Io, io...
Merope. Ma che? che testimon? che prove?
Questo colpo lo prova: in fresca etate
non s’atterran tiranni in mezzo a un tempio
da chi discende altronde e nelle vene
non ha il sangue d’Alcide. E qual speranza
or piú contro di noi nodrir potranno
Elide e Sparta, se dell’armi vostre
sia conduttor sí fatto eroe?
Euriso. Reina,
nasce il nostro tacer sol da profonda
meraviglia che il petto ancor c’ingombra,
e piú d’ogni altro a me; ma non pertanto
certa sii pur ch’ognuna che qui tu vedi
correr vuol teco una medesima sorte.
Sparso è nel popol giá che di Cresfonte
è questi il figlio; se l’antico affetto
o se piú in esso stupidezza e oblio
potran, vedremo or or; ma in ogni evento
contro i seguaci del tiranno e l’armi
il nostro re — che nostro re pur sia —
avrá nel nostro petto argine e scudo.
Egisto. Timor si sgombri; che se meco amici
voi siete, io d’armi e di furor mi rido.
SCENA ULTIMA
Ismene e detti.
Merope. Oimé,
che porti?