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gli uomini pratici. Essi hanno saputo mantenersi estranei al delirio che aveva afferrato tutti i latini arrivati qui, e profittare delle circostanze con una antiveggenza sorprendente. E prima di tutto seppero profittare ammirabilmente della corruzione governativa per ottenere concessioni di favore, le cui condizioni stupiscono profondamente chi non sa a quale punto di cecità e di, diciamo, mancanza di scrupolo erano arrivati quei governanti.

Così si formano le Compagnie ferroviarie inglesi, le quali sono oggi padrone di 12,684 chilometri di ferrovie, ossia di tutto il transito della Nazione. A queste Compagnie il Governo garantisce un minimo di utili sopra un capitale fissato, e non ha nessun diritto d’intervento se non quando l’utile risultasse superiore a un elevato per cento. La Compagnia ha mano libera su tutto, sui noli, sulle velocità, sugli orarî, sugli stipendî agli impiegati, sui movimenti del personale. Gli affari vanno benone. Vi sono delle linee che fruttano il dodici, altre il quindici, altre anche di più: i noli si mantengono fortissimi, e tuttavia il Governo non può intervenire: deve assistere indifferente a questo sfruttamento enorme della produzione. Ed ecco perchè:

Le Compagnie, oltre al capitale fissato come base per i rapporti col Governo, si sono riservate l’emissione di «titoli non commerciabili» al 4 e al 5 per cento, emissione che per una sapiente scappatoia può essere illimitata. Gl’interessi su questi titoli gravano al passivo della Compagnia e servono a ridurre gli utili alle proporzioni necessarie per togliere al Governo ogni diritto d’intervento. Così in apparenza l’utile è sempre inferiore alla percentuale sopra cui comincia la partecipazione dello Stato, ma in realtà è maggiore, perchè i possessori di questi titoli non sono che gli stessi azionisti della Compagnia.

Al Governo argentino è dunque tolto ogni e qualsiasi controllo sulle proprie ferrovie. In forza di que-