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canto quarto

Giochi si piace, or d’uman sangue; io vivo
Solo del Ver. Di sacerdoti iniqui
E d’anfibj ministri e d’evirate
410Menti ei si cinge, ed ha vita e possanza
Di misteri e d’enigmi; io, se mai regno
Ebbi nel mondo, ed uno anco men resta,
Di libere e gagliarde alme il difendo
Liberamente. O amore, o affanno, o colpa
415Di scíenza e di luce, o istinto e vita
Di verità, di libertà, se merto
Altro non hai che la tortura e il rogo,
Se altro nome non hai fuor che delitto,
Ecco, alla terra io fermamente il grido:
420Altare è il rogo, ed il delitto è dio! —
    Tacque, e d’orgoglio radíante, i magni
Omeri scosse, e sollevò la faccia
Con fantastico ardir. Pavida, incerta
Con gli occhi Ebe il seguía, mentre un’ignota
425Purpurea fiamma le scendea nel petto
Agitandole il cor. Sorse alla fine
Tacita; con gentile atto la destra
Penosamente al forestier profferse,
E al cheto asil dei suoi verginei sogni
430Conturbata si volse. Ei con l’acceso
Sguardo la cinse; com’etereo foco
Lambíala intorno co’l pensiero, e tutto
D’eterno amor le fibre intime ardente,
Gridò in cor suo: L’ora è venuta; è dessa!



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