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canto undecimo

Ch’àn fragranza di piante e amor di cieli,
Superbe e infeminite
Volgon le umane vite
20D’ogni ardito operar pavide e schive.

    Chiede animosi petti
L’eroe ch’io canto ed operosi ingegni,
A cui pari in virtù fervan gli affetti.
E tu che il doppio mare,
25Coronata sovrana, inclita regni,
E fra il riso dell’arte e i fior t’assidi,
L’opre gentili e le gagliarde hai care
Così, che altera e grande
Per quadruple ghirlande,
30Sorgi su le rovine, e il tempo sfidi.

    Te di sottili e forti
Studj educâr gli Etruschi padri, il cui
Pronto ingegno temprâr gli Egizj accorti.
Splendea fra le temute
35Armi e gli altari minacciosi e bui
L’aureo foco di Vesta, e fean leggiadre
L’ardue cure del ciel le Muse argute;
Fin che del Tebro al lito
Un fiero ululo udito,
40Volâro in grembo alla Cecròpea madre.

    Calò dal cielo estremo
L’augel fulvo di Giove, e le saette
All’audace apprestò lupa di Remo.
Sorge Quirino; al lampo
45Del suo brando forier d’aspre vendette
Crollano i troni; da la terra all’etra
A le vittorie sue piccolo è il campo;
Mentre fra’l suon dell’armi
Echeggian d’Ennio i carmi,
50Di Plauto il riso e di Maron la cetra.



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