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lucifero

Ivi a quella di Pesto emula ignota
430L’odoroso, gentil calice innostra
Di Belvèria la rosa; ivi quanti hanno
Onoranza e virtù di prezíosi
Medici succhi, o nominanza orrenda
Di fulminei veleni, indifferente,
435O sien radici o fiori, Iside spiega.
    Passa l’Eroe solo e pensoso. Ingombri
D’intrecciate vainiglie e di líane
Lunghissime a le chete aure pendenti
Sovr’esso al capo suo chiudonsi i rami;
440E or di cupole in guisa, or di cortine,
E di fioriti padiglioni e d’archi,
Lussureggiano immensi. Odi a la lunga
Romoreggiar di vaste acque e tra’ rami
Frusciar d’ale infinito; e a far più viva
445Quella solenne immensità, vaganti
Stormi, non sai se d’animate gemme,
O di fiori volanti, o ver di augelli,
Tra le foglie s’inseguono, o procaci
S’arrampican sui tronchi, e fischi e strilli
450E quasi umane voci alzano al cielo.
    Mira il superbo Víator fra tanta
Selvaggia solitudine la dea
Misteríosa spazíar, tremenda
Ne la sua maestà muta, e compreso
455D’un altero pensier, l’animo esalta,
Come rubusto ed animoso atleta,
Che pronto e fiero in sul diviso arringo
L’avversario mirando a lui di fronte
Qual fondato edificio alzar le membra,
460Nell’impavido sen crescer più sente
L’anima avvezza; agli allenati fianchi
Batte le palme; le nodose braccia
Brandisce, e ardente di slanciarsi il primo,



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